Il presidente Napolitano auspica che i politici riescano a trovare un equilibrio per gestire la cosa pubblica.
L'incarico di formare un governo è stato affidato a Bersani, il cui partito si
è finalmente accorto di essere stato il più votato nelle ultime elezioni.
Le opzioni possibili sono però difficili da conciliare. Il M5S al momento non ha ancora presentato un
programma organico e comunque continua a preferire l'imposizione di diktat alla deliberazione. Il PdL vuole nuove elezioni (almeno oggi) e riscopre improvvisamente il bisogno di
garanzie democratiche che quando era al potere aveva dimenticato, come
sua abitudine fare da anni in caso di necessità. La richiesta di equità
nella distribuzione delle cariche istituzionali è veramente fantasiosa: è
stato proprio sotto il governo Berlusconi che la consuetudine di
lasciare la presidenza della Camera e del Senato all'opposizione è stata
infranta. Ma ora reclama addirittura di avere diritto al Quirinale. O sarà un
golpe (?). La Lega farà come gli viene ordinato, come al solito. E Monti non è in grado di condizionare alcuna coalizione.
L'evidenza spinge dunque a credere che il bene di tutti di cui parla il Presidente della Repubblica non sia una priorità per molti.
La condizione nella quale ha vissuto la penisola negli ultimi decenni
suggerisce che molti preferiscono destinare l'utilizzo del loro intelletto a
ricordare la formazione della squadra sportiva del cuore o gli
accadimenti dei serials tv/talk show, come se non ci fosse un passato o
un futuro. E molti credono che il loro
interesse personale debba venire prima
dell'interesse di tutti - etichettando la pratica come 'liberalismo' -, come se, anche facendo parte della comunità, intrinsecamente fossero convinti di essere superiori alla media e di avere
diritto a privilegi.
Gestire una nazione non è cosa facile ma se mancano i valori comuni è impresa impossibile: gli atteggiamenti descritti sono tanto diffusi che le speranze di reperire principi condivisi come forza coesiva per dare
continuità sono francamente scarse.
[...] "Nasce
dunque la città" dissi, "io ritengo, perchè di fatto ciascuno di noi
non è autosufficiente, ma è carente di molte cose. O pensi che ci sia
qualche altro punto di inizio della fondazione della città?"
"Nessun altro" disse.
"Non
accade dunque che un uomo se ne associ un altro in ordine a un bisogno,
e un altro ancora per un altro bisogno, e che avendone molti, molti si
raccolgano in un solo insediamento formando una comunità di reciproco
aiuto - e a questo insediamento comunitario abbiamo dato il nome di
città. Non è così?" [...]
da “La Repubblica” di Platone (369 b)
ad maiora
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